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Cosa sono le ottiche secondarie dei Led e come servirtene al meglio

Da: Francesca - Categoria: L'Arte di Illuminare

Anche chi non ha a che fare con l’illuminazione professionale ha sentito parlare almeno una volta delle ottiche secondarie dei LED, fondamentali per la qualità delle prestazioni a lungo termine dei dispositivi.

Nella maggior pare dei casi è possibile trovare un riferimento in merito nelle schede tecniche dei prodotti, a prescindere dalla loro dimensioni e dalla destinazione d’uso.

Alla dicitura vengono associati dei valori, che indicano per la precisione dei gradi (si arriva generalmente a 60°). Questo dato complessivo rappresenta l’ottica secondaria del led.

Di cosa si tratta di preciso? Di uno strumento che consente di mettere in atto una personalizzazione del flusso luminoso.

Per capire l’importanza del loro ruolo facciamo un esempio concreto, ipotizzando il caso di una striscia led, prodotto del quale, molto probabilmente, avrai sentito parlare leggendo su qualche e-commerce la definizione strip led.

In questi casi, l’emissione della luce è molto diffusa. Ciò accade in quanto è presente una sola ottica.

Se si ha intenzione di modificare la forma del solido fotometrico – definizione tecnica che indica la rappresentazione tridimensionale delle intensità luminose emesse da una singola sorgente nello spazio – è necessario intervenire con un’ottica secondaria.

Le ottiche secondarie vengono installate sui chip dei led, e consentono di convogliare il fascio luminoso in maniera di volta in volta differente. Vediamo ora come sceglierle al meglio.

Come scegliere al meglio un’ottica secondaria per led

Per scegliere al meglio le ottiche secondarie dei led è fondamentale sapere con che cosa si ha a che fare e “leggere” i dati dei vari prodotti.

Iniziamo quindi a ricordare che, quando si cerca un’ottica, è possibile avere a che fare con diverse potenze.

Si può parlare di <10° super spot, ma anche dell’intervallo 10°-19° spot e di quello 20°-29° medium.

Si sale poi al 30°-39° flood e agli angoli ellittici. Scegliere la giusta potenza è fondamentale se si ha intenzione di illuminare uno spazio in maniera particolarmente diffusa.

Molto importante è anche regolare l’altezza. Per fare un esempio immaginiamo il caso di una superficie poco estesa, come quella di un singolo piatto di cibo.

In questo caso, per illuminare e regolarizzare al meglio il fascio luminoso, è opportuno posizionare la fonte di luce a un altezza non superiore ai 150 centimetri.

Per quanto riguarda invece i valori dell’ottica secondaria del led, bisogna stare tra i 20° e i 30°.

Utilizzando ottiche con valori superiore, il rischio è quello di creare un fascio luminoso eccessivamente marcato. Con valori inferiori, invece, l’illuminazione risulterebbe troppo scarsa.

Come sono fatte le ottiche secondarie dei led?

L’illuminotecnica si è evoluta molto negli ultimi anni. Questo ha permesso di creare delle ottiche di diversi materiali.

Differente di volta in volta può essere anche la struttura. Nonostante questo, è possibile parlare di alcune macro famiglie definite.

La prima è quella delle lenti TIR, che utilizzano i principi di diffrazione e riflessione interna totale della luce.

Da ricordare è anche l’esistenza dei riflettori. In questo caso, però, il riferimento illuminotecnico principale è la legge della riflessione della luce.

Ovviamente è possibile parlare anche di sistemi ibridi, che prevedono l’utilizzo combinato di riflettori e lenti.

In alcuni casi si può ricorrere a dei diaframmi, grazie ai quali è possibile ottenere un effetto sagomato.

Cosa sono la riflessione e la rifrazione della luce?

Per capire ulteriormente come funzionano le ottiche secondarie dei led, è bene approfondire i concetti di riflessione e rifrazione della luce.

La riflessione è il fenomeno ottico che vede il raggio incidente su una superficie venire riflesso e l’angolo di riflessione risultare uguale a quello d’incidenza nei casi in cui la superficie è perfettamente speculare.

Un ruolo fondamentale nel modo in cui la luce viene riflessa su una determinata superficie è data dalla finitura della superficie stessa.

Cos’è invece la rifrazione? Quando si utilizza questo termine, si inquadra un fenomeno ottico per cui un raggio di luce che incide sulla superficie di un materiale trasparente, devia il suo percorso mentre attraversa il mezzo.

Quando si parla di rifrazione attraverso un mezzo trasparente, come per esempio vetro e acqua, si fa riferimento alla legge di Snell, nota anche come legge di Descartes.

Utilizzare lenti che fanno riferimento a questi principi permette di apprezzare numerosi vantaggi. In primo luogo va ricordata la possibilità di controllare con grande precisione il fascio luminoso.

Il rendimento specifico differisce a seconda del materiale con il quale è realizzata la lente e dal trattamento dello stesso.

Per quanto riguarda i materiali, si spazia dal PPMA (polimetilmetacrilato), caratterizzato da un alto livello di malleabilità, al policarbonato.

In questo caso è maggiore la resistenza, ma è più facile che la lente si graffi.

Da ricordare è anche l’esistenza di lenti in silicone. In questo caso si parla in particolare di resistenza alle alte temperature e di un minor rischio d’ingiallimento.

Si presta particolarmente alle applicazioni esterne.

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