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Dalle mascherine nascono i fior: ecco l’idea delle Marie Bee Bloom

Fonte: FB Marie Bee Bloom

Sono diventate le nostre più fedeli compagne di viaggio dell’ultimo anno e mezzo, a tal punto da essere ormai un prolungamento del nostro corpo.

C’è chi utilizza quella monouso, chi preferisce la FFP2 o chi ne ha una in tessuto completamente personalizzata: stiamo, ovviamente, parlando della mascherina facciale, quel dispositivo medico o di protezione individuale diventato obbligatorio con lo scoppio della pandemia del virus SARS-CoV-2.

Nata alla fine del XIX secolo come dispositivo di protezione per il controllo della sepsi chirurgica, questa viene utilizzata dai professionisti del settore sanitario durante le procedure mediche per bloccare la propagazione degli agenti patogeni rilasciati dalla bocca e dal naso (droplets o goccioline).

Nonostante l’abitudine degli ultimi tempi, queste mascherine irritano la nostra pelle, rendono complicata la respirazione (se indossate a lungo) tanto che una volta tornati a casa non vediamo l’ora di togliercele di dosso.

Esiste, però, un problema più grave che riguarda le mascherine: dove finiscono una volta che devono essere smaltite? Dal momento in cui è stato introdotto l’obbligo, infatti, abbiamo dovuto fare i conti con una nuova fonte d’inquinamento causata dai dispositivi di protezione individuale (DPI). 

Le mascherine piantabili di Marianne de Groot-Pons

Questa è stata la base di partenza per l’idea di Marianne de Groot-Pons, una designer olandese che, per contrastare “l’invasione” incontrollata di mascherine chirurgiche monouso disseminate ovunque, ha creato Marie Bee Bloom.

Non stiamo parlando di una mascherina "qualsiasi", ma di un dispositivo di protezione individuale che può essere piantato e fatto “fiorire” una volta completato il suo ciclo di utilizzo (8 ore continuative).

Ciò che rende particolare le Marie Bee Bloom è il fatto di essere realizzate in carta di riso e di contenere un mix di semi di fiori di prato. Secondo Marianne de Groot-Pons, queste mascherine sono interamente biodegradabili e possono essere interrate dando la possibilità ai semi racchiusi in essa di germogliare e fiorire col tempo.

Le mascherine non sono ancora state testate e certificate per la valutazione della capacità filtrante, ma Marianne de Groot-Pons assicura che sono in grado di proteggere come le versioni in tessuto fatte in casa (le cosiddette mascherine di comunità).

Inoltre, sono fabbricate in modo responsabile e con un ridotto impiatto ambientale, tanto che sono integralmente decomponibili una volta che vengono interrate.

Che materiali vengono utilizzati per le Marie Bee Bloom? I cordoni sono filati a mano da pura lana vergine e vengono collegati alla mascherina con una colla a base di fecola di patate e acqua. Questi possono essere aggiustati tramite un regolatore che viene ricavato dalle confezioni delle uova.

L’utilizzo della carta seed-paper

Fonte: Instagram Marie Bee Bloom

Sul materiale piantabile utilizzato per la realizzazione delle mascherine, Marianne de Groot-Pons non ha fatto niente di trascendentale e si è affidata a un tipo di carta, chiamata seed-paper, che include semi al proprio interno.

La carta piantabile viene realizzata, solitamente, utilizzando materiale di scarto a cui vengono aggiunti semi che, una volta interrati, germogliano e danno vita a una piantina.

In sostanza, per la produzione della mascherina non c’è alcun sacrificio di alberi, non si genera alcuno spreco e, soprattutto, si dà origine a una nuova vita.

Che aspetto ha il seed-paper? È davvero affascinante perché presenta una superficie irregolare e ruvida al tatto, dal colore neutro e con una trama impreziosita da semi che sono visibili anche a occhio nudo.

Il seed-paper è un materiale che ha preso piede negli ultimi anni per la realizzazione di oggetti di uso quotidiano come quaderni o matite e, anche se in bassa scala, per packaging dal forte valore simbolico ed evocativo.

In questo senso, l’utilizzo della carta piantabile ha avuto un certo interesse soprattutto in ambito matrimoniale con tantissime aziende che hanno iniziato a produrre partecipazioni ecosostenibili in grado di germogliare, una volta piantate, nel giro di qualche settimana.

Con il suo progetto, Marianne de Groot-Pons “gioca” sull’opportunità di far “rifiorire” il nostro pianeta e di dare respiro alla natura salvaguardando al tempo stesso la salute della persona.

Un progetto che mira alla protezione e alla prevenzione

Al di là della protezione delle vie respiratorie, la mascherina Marie Bee Bloom si pone come obiettivo quello di fare luce sul problema dell’inquinamento lasciato in dote dall’utilizzo massivo di questo dispositivo di protezione individuale.

Se è vero che da un lato le mascherine proteggono ed evitano la trasmissione del virus, dall’altro rischiano di dare spazio a una nuova forma d’inquinamento che potrebbe andare ad appesantire (ancora di più) un pianeta già fortemente “influenzato” da plastiche, petroli e smog.

Dietro la mascherina progettata da Marianne de Groot-Pons c’è la messa in discussione dei nostri comportamenti e le abitudini di vita, il rivedere le scelte che facciamo quotidianamente come individui e la sopravvivenza del nostro pianeta e delle future generazioni. 

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